Le prime osservazioni della docente Francesca Romana Paci, durante il seminario di lunedì 21 maggio, hanno riguardato il suo saggio “La traduzione: sfide e problematiche”. La professoressa si è principalmente concentrata sull’aspetto storico della traduzione, con un maggior interesse all’ambito religioso, a cui sono seguite alcune proposte di principi generali da seguire, che formano la cosiddetta “cassetta degli attrezzi” del traduttore.
Dopodiché la docente è passata al commento di alcune sue traduzioni, illustrandone le caratteristiche e fornendo dei consigli. La prima poesia analizzata è stata Bassopiano (Lowland) di David Gascoyne, la quale ha dato modo di sottolineare che si impara a tradurre facendo esercizio, da considerarsi ogni volta come un nuovo percorso. In primo luogo, è necessario leggere tutta l’opera in questione, cercando di rendere nella traduzione il tono della poesia originale con parole e costruzioni adeguate, evitando di parafrasare: è infatti fondamentale tradurre ciò che il poeta dice, non ciò che vuole dire.
Un importante aspetto introdotto durante il commento della seconda poesia, Seguace (Follower) di Seamus Heaney, è la sensibilità che si dovrebbe possedere nei confronti della lingua e dei suoi suoni: bisogna, ha detto la docente, “sentirsi offesi per qualche suono e attratti da altri”. Per questo motivo la lettura ad alta voce di ciò che si ha tradotto è indispensabile.
Infine, sono state analizzate le due versioni tradotte di Mappemounde di Earle Birney; la professoressa Paci ha evidenziato che è il traduttore a doversi adattare al testo e non il contrario; egli non deve farsi prendere dall’ansia di tradurre tutto ma, dopo aver stilato una bozza iniziale, è opportuno “potare” ancora qualcosa, proprio come si fa con i rami secchi di un albero.

di Valentina Mardegan