Quando la poesia combatte i regimi
(con anteprima a Milano il 18 ottobre)
MERCOLEDÌ 18 OTTOBRE
ANTEPRIMA
Ore 16,30 Milano. Università Cattolica, via Nirone 15
Editoria nel mondo e poesia civile: incontro con un poeta siriano dissidente
Con Faraj Bayrakdar, introduzione di Paolo Branca
e lettura di poesie tradotte da Elena Chiti
Presentazione di Roberto Cicala e Giorgio Simonelli
GIOVEDÌ 19 OTTOBRE
Ore 11 Aula Magna Liceo Scientifico Avogadro, corso Palestro 29, Vercelli
Gli studenti incontrano il poeta Faraj Bayrakdar
EVENTO CENTRALE
Ore 21 Salone del Seminario Arcivescovile, piazza Sant’Eusebio 10, Vercelli
XIII Premio Festival internazionale di Poesia Civile Città di Vercelli
a Faraj Bayrakdar
Reading con introduzione di Paolo Branca e traduzioni di Elena Chiti
Intermezzi musicali alla chitarra di Laura Mancini
Saluti del presidente dell’associazione culturale Il Ponte Luigi Di Meglio,
del sindaco di Vercelli Maura Forte, del sottosegretario di Stato Luigi Bobba,
del rettore dell’Università del Piemonte Orientale Cesare Emanuel
e del rettore del Seminario arcivescovile monsignor Giuseppe Cavallone
Presentazione e distribuzione della plaquette del festival Specchi dell’assenza
edita da Interlinea (fino a esaurimento)
Dalla quarta di copertina di Specchi dell’assenza
«La scrittura in carcere è stata un atto di resistenza» dichiara Faraj Bayrakdar, il poeta siriano che è stato arrestato più volte dal regime di Hafez Assad subendo il completo isolamento dal 1987 al 1993, senza carta né inchiostro per scrivere. In questa raccolta immagina specchi che «potevano / essere acqua pura / puro silenzio / o almeno puro pianto» ma le circostanze li hanno trasformati in «pietra / e il tintinnio del tempo e del luogo / aveva una macchia che somiglia a sangue». Eppure, anche nell’assenza dal mondo e nella crudezza della detenzione, il poeta pensa che «un uccello / basta / perché non cada il cielo». Con la stessa fede incrollabile nell’uomo e nella parola, Bayrakdar, rilasciato nel 2000 e residente in Svezia dal 2005, continua a scrivere e a lottare contro il regime degli Assad, per una Siria libera e democratica. Come scrive lui stesso nel 2015, in uno degli inediti che chiudono questo libro, «il suo senso di giustizia / gli dà un senso di forza / così non s’interroga mai / sul grado di debolezza / che affligge / il dittatore».
Il poeta siriano dissidente
Nato nel 1951 in Siria, Faraj Bayrakdar ha iniziato a scrivere poesia a dodici anni e a pubblicarla a sedici. Ha studiato letteratura araba classica e moderna all’Università di Damasco, fondando con altri studenti una rivista culturale ostile al regime di Hafez Assad. Questo gli è valso, nel 1978, l’arresto da parte dei servizi segreti dell’aeronautica militare e una detenzione di alcuni mesi. Il giorno dopo il rilascio è stato arrestato di nuovo, stavolta dai servizi di sicurezza interna, con l’accusa di affiliazione a un partito di opposizione. Di nuovo è stato rilasciato, come dice lui stesso, «dopo qualche mese e qualche seduta di tortura». Arrestato una terza volta nel 1987, come membro del Partito comunista laburista siriano, è rimasto in carcere per quattordici anni. È stato liberato soltanto nel 2000, grazie alla pressione internazionale esercitata sul regime siriano. La sua vena poetica non si è spenta in carcere. Nemmeno dal 1987 al 1993, quando ha vissuto completamente tagliato fuori dal mondo: senza radio, senza visite, senza carta né inchiostro. A quel periodo risale infatti la raccolta poetica Il Luogo stretto (trad. Elena Chiti, Nottetempo, Milano 2016), a cui fa seguito Specchi dell’assenza. Sette sono, in tutto, le raccolte che ha scritto in carcere. Attualmente residente in Svezia, Faraj Bayrakdar continua a scrivere e a lottare per i diritti dei siriani. Nel 2017 è insignito del premio alla carriera del Festival internazionale di poesia civile di Vercelli.
«Ma le circostanze
erano di pietra
e il tintinnio del tempo e del luogo
aveva una macchia che somiglia a sangue»