I libri dei poeti premiati al festival di poesia civile
2021 Maurizio Cucchi Nel vasto territorio tossico. Poesie civili
Una raccolta di poesie, edita da Interlinea, nella collana Lyra. Comprende testi composti negli anni dal poeta, alcuni usciti sul settimanale “Origami” per iniziativa di Cesare Marinetti e molti inediti. Tutti i componimenti sono legati insieme dal filo della riflessione personale sul tempo presente e il suo mutare senza tregua, creando atmosfere ricche di immagini, suoni e colori che spingono a viaggiare in luoghi remoti e tempi passati, ma mai dimenticati, in un dialogo continuo tra luminosa fantasia e tragica realtà.
2019 Adam Zagajewski Prova a cantare il mondo storpiato
«Ma noi siamo vivi, / colmi di memoria e ragione» è la risposta di Adam Zagajewski ai drammi della storia e alla spersonalizzazione della società attuale, collocando sotto la sua lente d’ingrandimento piccoli particolari quotidiani molto rivelatori: così le ombre dei turisti sulla tomba di brecht sembrano quelle degli informatori della stasi che lo pedinavano da vivo e la gatta di Ruth, ignara di essere ebrea come la sua padrona, di notte dal ghetto torna sempre alla parte ariana. Per l’autore di quest’antologia, che affronta la shoah come l’11 settembre ma anche gli ex paradisi naturali fagocitati dal turismo di massa, resta lo spaesamento dei «poeti, invisibili come minatori, nascosti sottoterra» che «costruiscono per noi una casa», quella della consapevolezza civile di dover essere vivi e vigili «e talvolta particolarmente orgogliosi, / perché in noi grida il futuro / e quel balbettio ci fa umani».
«Certo, difendere la poesia, lo stile elevato, ecc., / ma anche le sere d’estate in una bella cittadina, / dove profumano gli orti e i gatti siedono tranquilli / sulla soglia di casa come filosofi cinesi»
2018 Giampiero Neri, Non ci saremmo più rivisti. Antologia personale
«Non ci saremmo più rivisti» è il refrain di molti testi di Giampiero Neri, testimonianza del distacco irreparabile che il destino impone nel rapporto tra le persone. Arrivato ai novant’anni, il poeta compone, nello specchio degli angoli di Milano e delle forme della natura, un’antologia personale, impreziosita da autografi e inediti tratti dai suoi quaderni: pagine «di silenzi carichi d’attesa, di ferite insanabili e di inesauribile ricerca del vero».
2017 Faraj Bayrakdar, Specchi dell’assenza
«La scrittura in carcere è stata un atto di resistenza» dichiara Faraj Bayrakdar, il poeta siriano che è stato arrestato più volte dal regime di Hafez Assad subendo il completo isolamento dal 1987 al 1993, senza carta né inchiostro per scrivere. In questa raccolta immagina specchi che «potevano / essere acqua pura / puro silenzio / o almeno puro pianto» ma le circostanze li hanno trasformati in «pietra / e il tintinnio del tempo e del luogo / aveva una macchia che somiglia a sangue». Eppure, anche nell’assenza dal mondo e nella crudezza della detenzione, il poeta pensa che «un uccello / basta / perché non cada il cielo». Con la stessa fede incrollabile nell’uomo e nella parola, Bayrakdar, rilasciato nel 2000 e residente in Svezia dal 2005, continua a scrivere e a lottare contro il regime degli Assad, per una Siria libera e democratica. Come scrive lui stesso nel 2015, in uno degli inediti che chiudono questo libro, «il suo senso di giustizia / gli dà un senso di forza / così non s’interroga mai / sul grado di debolezza / che affligge / il dittatore».
«Ma le circostanze
erano di pietra
e il tintinnio del tempo e del luogo
aveva una macchia che somiglia a sangue»
2016 Katherine Larson, Le parole più mute
«Una volta credevo che la scienza si occupasse / solo di certezza. Più tardi ne ho riconosciuto il mistero» scrive Katherine Larson, biologa molecolare e rivelazione della poesia americana, qui per la prima volta in italiano. «Nel mio laboratorio le cellule immortali / di un tumore si dividono e dividono… / niente è sublime o lo è ogni cosa»: il suo modo di concepire l’esistenza nasce dalla consapevolezza di essere stati prima di tutto misteriosamente visti, e di esserlo stati insieme al più piccolo filo d’erba e al moto migratorio delle nuvole.
«Certe storie
chiedono dimenticanza.
Altre, ti chiedono di credere con tutto te stesso. Ma penso
che altre ancora ci vivano. In più alte città
della mente
anche quelle più mute ardono»
2015 Márcia Theóphilo, Nel nido dell’Amazzonia
Nel testo di Márcia Theóphilo ci sono voci che lei trascrive ispirata o che traduce da un linguaggio (magari musica di tamburi e flauti o i suoni della natura ora affidati alle onomatopee) cui bisogna trovare parole che vanno oltre il semplice significato. Per aderire allo spirito del luogo non basta la ragione, che tuttavia non è esclusa dal racconto. Márcia ci ha messo tutta l’anima – e magari anche la psicanalisi – in questi versi in cui la cultura più sofisticata si fa natura “primordiale”: quello che siamo diventati senza mai smettere di essere “selvaggi”: nel senso del “pensiero selvaggio” di Claude Lévi Strauss.
«Fiore, tu illumini i miei rami
ai primi ritmi del mattino
canto d’uccelli e di grilli
lontani tamburi – poi cadi e muori
per dare vita al frutto»
2014 Tony Harrison, Afrodite del Mar Nero
Working class poet. War poet. Angry poet. Poeta operaio. Poeta di guerra. Poeta arrabbiato. Sono alcune delle molte definizioni che la critica ha riservato a Tony Harrison in questi ultimi decenni. Il maggiore poeta inglese vivente, figlio della classe operaia e nutrito di cultura classica, raccoglie le sue poesie inedite più recenti in un libro provocatorio, confermando la tensione civile che lo contraddistingue, anche quando mescola i miti della classicità e le crisi in medio oriente: «sul mar nero… se le mie pietre radenti potessero continuare a saltare / arriverebbero in Georgia, sul Caspio, in Afghanistan…»
«Sono sempre stato cosciente che un giorno morirò
ma sento la mia vera mortalità iniziare
quest’anno quando, per la prima volta, ho compilato
“in caso di emergenza si prega avvisare”:»
2013 Lambert chlechter, All’opposto di ogni posto
La prima traduzione italiana di Lambert Schlechter, filosofo, poeta e scrittore lussemburghese, autore di primo piano della poesia francofona nel mondo e tradotto in diverse lingue. La forza della sua poesia è generata non solo dal carattere colloquiale, o dalla prosodia e dalla metrica ben curate, ma anche dal sapiente uso di una scrittura che arriva dal fondo dei secoli, e soprattutto da una grande cultura che si fa ancilla della poesia per esprimere con semplicità realtà complesse. Con i nostri classici, Schlechter ha un dialogo che dura da sempre. A Montale ha dedicato una serie di poesie inedite scritte in tedesco nei primi anni ottanta e qui riproposte
“chi dice io chi dice lei
chi vi parla non possiede un nord da offrire
un sud da sostituire
crocifigge pronomi d’azzardo sulla rosa dei venti
chi domanda che giorno è?”
2012 Ryszard Krynicki, Abitiamo attraverso la pelle,
«Abitiamo attraverso la pelle», è un libro di poesie, pubblicato dalla casa editrice Interlinea, nella collana Lyra, a fine 2012, per festeggiare il Premio alla carriera del Festival Internazionale di Poesia Civile di Vercelli, assegnato al poeta Ryszard Krynicki. La traduzione è di Francesca Fornari, autrice anche dell’altra unica traduzione in italiano di Krynicki, Il punto magnetico. Il nome di Krynicki è legato alla poesia.
“Niente cambia
ogni giorno attendi che ti assegnino l’appartamento
ti alzi il mondo esiste ancora
torni dal lavoro il mondo ancora esiste
leggi nel giornale
che i cinesi hanno scoperto un osso che può
rivoluzionare la scienza
e demolire la teoria di Darwin
vai a letto ti addormenti
senza ascoltare fino alla fine l’ultimo notiziario
dormi non sogni nulla
ti alzi le tue ossa non rivoluzioneranno la scienza
ti rechi a lavoro lungo la via dell’Armata Rossa
il mondo esiste ancora niente è cambiato
sul lato sinistro della via
dipende dalla direzione in cui ti muovi
insieme al paese intero”
2011 Maria Luisa Spaziani, Giovanna d’Arco,
Romanzo popolare in sei canti in ottave e un epilogo. Con un testo di Gesualdo Bufalino, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp. 112, euro 12.
«M’innamorai di Giovanna d’Arco quando avevo dodici anni, l’età delle sue prime visioni […]. Per passioni storiche e letterarie (forse anche umane?) che mi abbiano invasa dopo l’adolescenza, nessuna è paragonabile per intensità o durata alla passione che mi ha ispirato Giovanna. è un personaggio anomalo, una santa con la spada in mano, una poesia in azione, una creatura di straordinaria e totale maturità». La Musa di Montale, ma ancor più poetessa in proprio, tanto apprezzata dal premio Nobel e dall’intera critica contemporanea, attraverso la vicenda esemplare della pulzella d’Orleans ci suggerisce che «forse un angelo parla a tutti, eppure / in quel supremo momento pochi ascoltano».
“Forse un angelo parla a tutti, eppure
in quel supremo istante pochi ascoltano,
pochi hanno l’orecchio e l’ubbidienza
delle radici che a gennaio dormono.
Dal profondo una voce bisbiglia,
giunge un brivido ai rami più lontani.
Nessuno se ne accorge ma è partita
a buie ondate un’altra primavera.”
2010 Alda Merini, Più della poesia,
Due conversazioni con Paolo Taggi, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp. 80, euro 18 (libro + DVD).
Alda Merini, a un anno dalla morte, in un libro-verità scritto con chi l’ha portata la
prima volta in tv, Paolo Taggi: «Era prima di molte cose. Del suo infinito successo mediale, prima di tutto. La televisione non era ancora diventata il confessionale riconosciuto di segreti coltivati fino al momento di rivelarli, il capolinea delle storie vissute per poterle raccontare». La poetessa dei Navigli si racconta in due momenti della propria «vita più bella della poesia»: «la poesia è un paio di scarpette rosse. Spesso si balla sulle braci, Sul fuoco. È così. È una condanna». Un libro-testamento per ascoltare la voce della Merini al di là delle apparizioni e dell’immagine inflazionata: «anch’io sono vittima del mio stesso mistero».
2009 Titos Patrikios, La casa e altre poesie,
a cura di Nicola Crocetti, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp.64, euro 12.
Etichettato come poeta “politico” e “sociale”, Patrikios è considerato assieme a Manolis Anaghnostakis il principale rappresentante della cosiddetta “poesia della sconfitta”. In effetti, soprattutto nella fase iniziale, la sua opera è segnata dai traumi collettivi e personali conseguenti all’occupazione nazifascista, alla guerra civile e alla successiva repressione politica: l’inevitabile delusione esistenziale convive con le istanze di cambiamento e con l’utopia di un mondo più giusto. Come ha scritto Filippomaria Pontani, per Patrikios la poesia è soprattutto «testimonianza, rimedio all’oblio, inesausta esortazione al ricordo dei compagni uccisi, della barbarie vissuta e mai del tutto debellata, del dolore che non solo lui […] ma tutta una generazione, un popolo, un mondo hanno patito, seppure a vari gradi di coinvolgimento, di consapevolezza, di indignazione».
2008 Adonis, La lingua del peccato e altri testi poetici,
a cura di Valentina Colombo, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp. 48, euro 12.
«Se non scrivo, sento che la mia vita non ha senso, perché la scrittura mi consente di comprendermi e di meglio comprendere il mondo nel quale vivo; mi consente di vivere meglio, di allargare le frontiere». Sono parole di Adonis. Il poeta arabo più conosciuto e tradotto in Occidente. Uno dei più amati e stimati nel mondo arabo. Sicuramente il più odiato dai fondamentalisti islamici. Poeta del paradosso e dell’estremo, della tensione mistica e della ricerca continua sui più grandi misteri dell’esistenza, la poesia di Adonis abbraccia sia la tradizione occidentale del lirismo alto e filosofico di Hölderlin, Baudelaire, Rilke, sia quella arabo-islamica di autori come il mistico iracheno del X secolo Niffari e il poeta ribelle del IX secolo Abu Nuwas. Adonis, pur rispettando le forme classiche del linguaggio, si libera dalle strutture tradizionali della letteratura araba per ricercare il valore assoluto della parola, espresso dal verso libero. (dalla presentazione di Valentina Colombo)
2007 Evgenij Evtushenko, Romanzo con la vita e altre poesie,
traduzione di Evelina Pascucci, presentazione di Giovanna Ioli, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp. 60, euro 12.
Sono numerose le trame che s’intersecano nel percorso poetico di Evgenij Evtushenko e tutte hanno un rapporto diretto con la vita, con l’autobiografia che sembra un romanzo scandito da eventi che hanno lasciato un segno, una cicatrice incisa sulle pagine da lui scritte. Non è, tuttavia, solo questo a rendere la sua opera speciale, perché i suoi libri sembrano far parte di un organismo che palpita al ritmo di colui che scrive, che soffre per le stesse offese che trapassano le sue pagine, come se fossero non cose ma uomini vivi, che respirano, camminano, parlano del loro tempo e cercano di salvarsi arretrando ad ali spiegate come l’angelo di Benjamin. Più che un titolo d’occasione, dunque, questo di oggi – Romanzo con la vita – è un ennesimo autoritratto personale e storico, ma è anche un referto biologico, un’anamnesi delle malattie e delle cure per alleviare le ferite che hanno colpito mondo, persone e libri. Su questo impianto sbocciano come rose nel deserto del Pamir i moti vitali che nessuna forca potrà mai estirpare, il furore della sofferenza, l’impeto morale, il profondo amore per una patria che abbraccia l’intero pianeta. Convinto che la poesia sia uno stile di vita e che sia in grado di proteggerci dall’odio, dalle macerie di una perenne lotta fratricida, Evtushenko, nelle cui vene scorre sangue senza confini, ucraino russo polacco tedesco e tartaro, attraversa instancabile le frontiere geografiche e stilistiche, per limare con l’onda della sua voce le asperità e le lacerazioni. (dalla presentazione di Giovanna Ioli)
2006 Juan Gelman, Doveri dell’esilio,
a cura di Laura Branchini, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp. 64, euro 12. Questo «poeta che ha attraversato l’orrore della dittatura argentina e della barbarie, che ha vissuto il dolore dell’esilio e la disperazione di un intero continente, ci offre la sua grande lezione mostrandoci che è proprio la poesia, questa negletta tra le arti, lontana dal fasto equivoco dei consumi e della moda, a tener vivo quanto c’è di più umano nell’uomo: la memoria, la dignità del dolore, l’interrogazione continua su amore e morte» (così ha scritto Giuseppe Conte sulla poesia di Juan Gelman in un precedente libro edito da Interlinea, Nel rovescio del mondo).
2005 Luciano Erba, Un po’ di repubblica,
Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp.64, euro 12. La poesia può essere testimonianza di valori civili e morali nel mondo di oggi? Per recuperare questa dimensione dell’espressione lirica è nato nel 2005 il primo festival italiano di poesia civile a Vercelli con un premio assegnato nell’edizione inaugurale a Luciano Erba. Per l’occasione il poeta milanese, una delle voci più importanti della letteratura italiana contemporanea, in queste pagine offre ai suoi lettori testi ancora inediti e una sua lontana ma sempre attuale traduzione di forte impegno civile.
2009 Lawrence Ferlinghetti, Americus. I-IV, – Omaggio speciale
a cura di Massimo Bacigalupo, Interlinea, edizione del Festival di poesia civile di Vercelli, pp. 104, euro 12.
Americus è «parte documentario, parte pubblica conversazione intima, parte personale epopea, una non-poesia, una poesia non declamata, una storia banale, una invenzione reale, lirica e politica»: così definisce l’opera lo stesso autore, Ferlinghetti, che combina frammenti di canzoni con parole che parlano di amore e di odio, da Lotte Lenya fino all’ultimo cantante soul. Questo libro è una «chiamata per il risveglio», nella grande tradizione da Whitman a Ezra Pound; Ferlinghetti viaggia attraverso i nostri paesaggi letterari e politici, passati e presenti, per creare un’autobiografia della coscienza americana.