Primo gesto di civiltà è mettere nero su bianco quel che si prova, sente, crede. Già così, che parli d’amore o di animali, che sia in forma di fiaba, poema o leggenda, la poesia è civile poiché concretizza il bisogno umano di dichiarare, di condividere, di diffondere il proprio animo.
Quindi è già difficile definire il concetto di ‘poesia’ – libertà, creatività, preghiera, ricamo, urlo, silenzio – quasi impossibile arrivare ad una definizione organica ed esatta di ‘poesia civile’, genere che fa della libertà del canto, della musicalità di versi e parole, strumento di impegno, lotta, consapevolezza, condivisione. Suoni per dare battaglia.
Uno strumento talmente efficace da obbligare tiranni di tutti i tempi e di tutti i luoghi ad imbavagliare menti, mani e cuori di chi osa scagliare la penna contro le loro nefandezze: ecco prigioni, esili, torture e condanne per chi osa alzare la testa dal silenzio della dittatura.
Oggi come ieri. Come domani, si teme.
Ma, nonostante i pericoli ed i rischi, Poesia Civile è mettere al servizio degli altri la propria voce interiore, denunciare ‘a chiare lettere’ le verità più scomode, non assecondare, non cedere. Ognuno a suo modo. Ma non cedere.
Così diventano poesia civile i suoni rombanti di tanta e grandiosa epica della lotta, ‘Voglio che all’uscita delle fabbriche e miniere stia la mia poesia fissa alla terra, all’aria, alla vittoria dell’uomo maltrattato’ (Pablo Neruda), ma anche i più delicati, quelli che ‘hanno l’impercettibile sussurro, non fanno più rumore del crescere dell’erba’ (Giuseppe Ungaretti) ma riescono incredibilmente a far crollare i muri e nutrono le coscienze di intere generazioni, lievi e potenti come una carezza.
Poesia Civile è una scelta di vita. E’ coerenza, forza, pazienza, impegno quotidiano.
L’arte nei suoi mille volti ma anche l’aiuto agli altri, la partecipazione, lo stare nella società civile con attenzione e senso critico: ‘Attraverso la creazione artistica ti libererai delle troppe lacrime che ti fanno groppo dentro; attraverso l’attività sociale, qualunque essa sia, rimarrai vicina al mondo delle altre persone’, scrive Leone Ginzburg alla moglie Natalia poco prima di morire, percosso e torturato dai tedeschi, a Regina Coeli, nel 1944.
Perché è Poesia Civile è una scelta di vita ma anche un modo di morire, un testamento scritto e donato ad un’umanità spesso distratta e attonita: ’Vi sono grato di non esservi vergognati di me quando mi eran contro quasi tutti. Vi lascio una vita scoperta intensamente giorno per giorno: ho cercato per voi di guardare oltre l’attimo, vivendolo ’ (Danilo Dolci).
di Elisabetta Dellavalle